Il sorriso, grazia ineffabile delle donne, può, per gli uomini essere una forza: un uomo brutto che sa sorridere ha innegabilmente un fascino. Più di ogni parola, il sorriso, in certe occasioni, può toglierci da una lunga ambascia, poiché ci dice delle benevolenza di chi sorride. Saper sorridere, cioè – attraverso questo impercettibile muover delle labbra e non delle labbra soltanto – saper manifestare il nostro stato d’animo incline alla bontà e alla tenerezza, meglio di qualsiasi discorso! Il sorriso di una donna può essere appena di convenienza, e non promettere nulla; ma può anche essere una eloquente promessa, l’appagamento di un nostro sogno o di un nostro desiderio, la fine di tante tribolazioni e il principio di una gioia. Saper sorridere; cioè, far si che il sorriso sia una espressione consona al nostro stato d’animo, e che questo sentano coloro ai quali il nostro sorriso viene rivolto.
Sopraggiunta la rottura definitiva con il Partito di riferimento, il partito socialista; Mussolini abituato a muoversi osannato dal calore di vastissime platee di sostenitori, si dota di uno strumento di propaganda molto incisivo: un giornale. Con grande e determinata arguzia e con consistenti fonti finanziarie inaugura la stagione del “ Il Popolo D’Italia”. Si confrontano a suo intendere:il parlamentarismo inetto e ostile ad ogni destino della Nazione per quanto geloso del suo mediocre passato, e l’immiserimento delle masse nelle piccole risorse del socialismo ufficiale. Il “Popolo d’Italia” accampamento di uomini liberi, munito e trincerato per un imminente stato di guerra diventa subito un faro sul grigio e sconsolato orizzonte dell’Italia di quei tempi . Il suo programma tracciato in un articolo che rappresentava il punto di partenza del fascismo, costituisce la prima affermazione dei diritti rivoluzionari del dovere patriottico del popolo. Mussolini batte su pochi ma esaustivi luoghi del suo rigido articolato pensiero.” Una Rivoluzione ormai non può che essere al costo di una dimensione Nazionale, di tutti gli italiani, i quali prima però devono prima affrontare il collaudo della storia. Questo collaudo si chiama la guerra. Un popolo che non fa una guerra per darsi una coscienza unitaria e per provare la resistenza fisica e morale nella stirpe non è degno di darsi un nuovo regime. Gli mancherebbero i fermenti dell’azione, il pretesto dinamico della lotta, la rovente fede e la grande solidarietà nazionale. Vincere o morire: non è un dilemma retorico, uno è il categorico imperativo di una civiltà esistente e latente. Si trattava di ricacciare l’Italia per sempre nel balcanismo della sua tradizione democratica o di portarla con l’intervento alla testa della Civiltà Europea Penso di aver introdotto interrogativi che a differenza di come sono stati risolti, promuovessero interessanti risposte. Non lo si dimentichi, l’attore principale fu Benito Mussolini. Una figura che io non considero neppure vigliacco. Uno speculatore che ha trovato contingenze favorevoli e su di esse ha costruito il dramma del Ventennio. Auspico repliche . Armando Crivelli 15 giugno 2014
Sono circa le quattro e imbraccio la penna, la causa è originata da un forte e diffuso dolore che provo al costato a seguito delle mie cadute determinate dai cali di pressione e tutto seguito. Penso che ciò sia all'origine dell'odierno intrigo patologico. Cerco di sdrammatizzare pensando a ciò che sto vivendo, voglio evitare il pronto soccorso, la mia seconda dimora.; sento di sentire il silenzio, riprendo per mano emozioni che ho vissuto nei miei trascorsi di guardia parco alla Mandria durante i turni notturni o quelli mattinieri con Rocky che avevo adottato quando vivevo alla Bizzarria dove sono nati Giulia ed Enrico. Che tempi e che esperienza.soli ed isolati nella parte alta della tenuta . Muoveva attorno a me un mondo naturale, trasparente genuino funzionava un metrotempo assolutamente voluto da chi ci ha consegnato il tesoro della natura. Pensate in parte coglievo anche gli elementi che distinguevano le stagioni. Anime angeliche si aggiravano animali, piante fiori, un vero Eden.Questa notte ho ragionato con il cuore. Tutti hanno diritto a provare queste emozioni
Il 17 Marzo 1861 il Parlamento Subalpino proclamò Vittorio Emanuele II Re d’Italia. Il clamore popolare, per l’occasione si rivelò piuttosto tiepido. In qualche misura rifletteva il carattere sobrio e schivo della città. Il discorso di investitura doveva essere pronunciato a Palazzo Carignano. Ma vista la grande presenza di delegati venne predisposta una sala apposita. La Camera contava 443 membri. Primo Ministro era Camillo Benso Conte di Cavour. Si palpava il nervosismo del Conte, si notava l’assenza di Mazzini e si rumoreggiava sulla decisione di Cattaneo nel non votare e non giurare fedeltà. Il sistema elettorale disponeva di norme molto rigide: bisognava aver compiuto i venticinque anni, era necessario saper leggere e scrivere e versare almeno quaranta lire di imposte dirette l’anno.