Si confrontano a suo intendere:il parlamentarismo inetto e ostile ad ogni destino della Nazione per quanto geloso del suo mediocre passato, e l’immiserimento delle masse nelle piccole risorse del socialismo ufficiale. Il “Popolo d’Italia” accampamento di uomini liberi, munito e trincerato per un imminente stato di guerra diventa subito un faro sul grigio e sconsolato orizzonte dell’Italia di quei tempi . Il suo programma tracciato in un articolo che rappresentava il punto di partenza del fascismo, costituisce la prima affermazione dei diritti rivoluzionari del dovere patriottico del popolo.
Mussolini batte su pochi ma esaustivi luoghi del suo rigido articolato pensiero.” Una Rivoluzione ormai non può che essere al costo di una dimensione Nazionale, di tutti gli italiani, i quali prima però devono prima affrontare il collaudo della storia. Questo collaudo si chiama la guerra. Un popolo che non fa una guerra per darsi una coscienza unitaria e per provare la resistenza fisica e morale nella stirpe non è degno di darsi un nuovo regime. Gli mancherebbero i fermenti dell’azione, il pretesto dinamico della lotta, la rovente fede e la grande solidarietà nazionale.
Vincere o morire: non è un dilemma retorico, uno è il categorico imperativo di una civiltà esistente e latente. Si trattava di ricacciare l’Italia per sempre nel balcanismo della sua tradizione democratica o di portarla con l’intervento alla testa della Civiltà Europea Penso di aver introdotto interrogativi che a differenza di come sono stati risolti, promuovessero interessanti risposte. Non lo si dimentichi, l’attore principale fu Benito Mussolini. Una figura che io non considero neppure vigliacco. Uno speculatore che ha trovato contingenze favorevoli e su di esse ha costruito il dramma del Ventennio. Auspico repliche .
Armando Crivelli 15 giugno 2014