Se gli italiani volessero onorare la memoria dei Grandi e dar la pace a Dante Alighieri, dovremmo innanzitutto verificare il concetto che lo affaticò nella sua vita terrestre. Renderemmo una potente e libera apertura alla nostra contrada. Spegneremmo tra tutti noi tutte quelle meschinosissime divisioni contro le quali Dante predicò tanto,che condannarono lui,l’uomo che più di tutti sentiva ed amava il nostro avvenire, alla sventura e all’ esilio e a noi ad una impotenza di secoli che ci recapita ancora all’oggi. Liberiamo le sepolture dei nostri grandi,degli uomini che hanno messo una corona di gloria sulla nostra Patria, dall’onta di essere calpesti dal piede di un usurpatore straniero. E quando ci renderemo degni di Dante nell’amore e nell’odio – quando la terra sarà nostra e non d’altri– quando l’anima di Dante potrà guardare in noi senza dolore e lieta di tutto il suo orgoglio italiano – innalzeremo la statua del poeta sulla vetta di Roma e scriveremo alla base :” Al Profeta della Nazione italiana gli italiani degni di Lui”
Armando Crivelli 29 Maggio 2014
N.B. Continuo nell’esercizio di rendere pubblici piccolisaggi del mio lavoro che prima poi organizzerò in unica pubblicazione.
Una placenta raccoglie tutti gli elementi che hanno consolidato attraverso una naturale azione di sedimentazione i ricordi di particelle di vita vissuta. Una placenta che ne conserva gli ingredienti, mantenendone la genuinità. Spesso mi cimento con questa dura e ardua prova. La prova di cercare di attualizzare il più possibile. Ricordare fasi importanti di esperienze che si riassumono spesso in rapidissimi focus mentali.
Vorrei esporre alcune riflessioni sul fascismo assumendo un ruolo terzo. La storia del fascismo,a partire dai tempestosi inizi del 1914 alla conquista dello Stato nel 1922,è del tutto ispirata dalla figura di Benito Mussolini, egli si abbandona ad uno sterile tentativo di riprendere il filo dell’Unità spezzatosi nel’60 e salda la tradizione del Risorgimento con il punto di partenza del Regime. “ La Rivoluzione, maturata in Italia al principio dei secoli scorsi, contraffatta dalle correnti democratiche e dal sinistro influsso degli immortali principi, rinsecchita nel frigido costituzionalismo librale, logorata dal contatto immediato con la vecchia mentalità anti unitaria e faziosa della penisola, non trovò dei capi e tanto meno gregari” ( Dai discorsi di B.M.)
Sono spesso controverso e contraddittorio. Il mio spartito umorale mi trascina spesso in monologhi animati dagli alti e bassi che lo strutturano. Non credo assolutamente di seguire un copione, il mio è un canovaccio molto generico e mi affido ad esso con risultati spesso imprevedibili. In questi giorni ho ragionato molto di morte quale conseguenza di lunghi momenti di stanchezza che mi conducono nell’ alveo della sofferenza,dell’insopportabilità del dolore.
I gioco del lotto o seminario è una gloria prettamente italiana, è stato inventato nella Repubblica di Genova nel 1577. In quel’anno c’era stata una tregua tra i nobili e i popolani (tra gli Ispagnopoli e i Francopoli). Si era stabilito d’imbossolare 120 nomi di uomini delle due parti, tra i quali ogni sei mesi ne sarebbero stati estratti 5 per ricoprire le maggiori cariche del Senato. Quei nomi dovevano insomma essere una specie di semenzaio o seminario di buoni amministratori, la novità appassionò talmente la città intera che ad ogni estrazione correvano grandi scommesse circa l’esito del sorteggio. Di tali scommesse sorse l’idea del gioco del semenzaio che, con le debite modificazioni, è felicemente giunto a noi. Presto questo gioco penetrò Piemonte;ma avendolo il Duca Carlo Emanuele I proibito, il Senato genovese che ne ricavava considerevole profitto, trovò il modo di far giocare i piemontesi a dispetto degli editti ducali mandando appositi uomini a raccogliere le scommesse nelle varie città del ducato e la cosa prese in breve proporzioni che Carlo Emanuele II, nel 1655 emanò un altro editto per mettere al riparo quello emesso dal genitore. “ Fra li giochi perniciosi, che oggidì con abuso universale frequentemente si praticano, dannosissima l’esperienza del Seminario… perciò proibiamo giocare alli giochi del Seminario o lotto.” (Il vero motivo di rincrescimento era l’esportazione di denaro. Nonostante il divieto, con la fantasiosa tenacia piemontese si introdusse il gioco l’Hoc della Catalonia. Mail Duca confermò il divieto con pene sino a 400 scudi. Tali editti vennero confermati nel 1678 da Madama Reale con pene sino a 100 scudi d’oro. Abolendo anche il gioco del Barbisso e dell’Albero Vittorio Amedeo II si decise, sull’onda di una protesta a cambiare atteggiamento e ad acconsentire i giochi vendendo le licenze ma sottolineando che non era d’accordo con gli inciarmi sottolineava che “i giochi sono trappole per i minchiosi. Ma visto che i piemontesi hanno bisogno di denaro io ve lo concedo. Le estrazioni non cessarono mai, anche durante l’assedio del 1706 nel padiglione di fronte a Palazzo Reale.