La speranza è la triste consolazione di chi è incapace di credere. Il detto “ La speranza è l’ultima a morire” è l’inno preferito dei soggetti cronicamente tristi e vittimisti. La speranza è la triste consolazione di chi vuole giustificare la propria passiva immobilità mentale, il proprio rifiuto ad affrontare cambiamenti, a produrre nuove credenze attualizzate al presente e a ciò che desidera anziché a ciò che teme.
Sperare è un atteggiamento passivo, credere è un atteggiamento attivo. Chi va a pescare vuole davvero prendere tanti pesci, e dice “voglio prendere tanti pesci” e si impegnerà per riuscirci. Sperare è triste, è contrario alla natura creatrice dell’uomo, vuol dire ammettere la propria impotenza, ammettere che non dispone di sufficienti doti di autonomia per produrre da solo il proprio desiderio e quindi realizzare una esperienza felice .La speranza è ciò che caratterizza chi ha una spiccata vocazione al vittimismo. Si riduce a sperare chi è incapace di controllare la propria vita immaginativa e si illude,così di evitare almeno di produrre danni, affidando la responsabilità delle esperienze che vivrà ad altri, al destino, al caso, a qualcuno o qualcosa che ritiene superiore senza accorgersi che sono invece soprattutto le sue paure che producono le esperienze tristi che molto probabilmente continuerà a vivere, fino a quando, finalmente, troverà il coraggio di iniziare a credere. Chi crede invece è chi sa agire, nel bene e nel male, attivamente e lo fa proprio in funzione di ciò in cui crede. Le persone costruttive che evolvono e producono ordine ed evoluzione sono quelle che hanno saputo credere ma soprattutto che sono disponibili a cambiare dinamicamente ciò in cui credono grazie a dubbi temporanei e a ciò che la realtà e le esperienze che vivono permettono loro di poter imparare. Credere ad essere sempre disposti a imparare per cambiare, in meglio.