Guarda – dice un torinese ritornando alla sua città – si scorge la Mole
Guarda - dice un torinese che parte,rivolto alla sua Torino - si vede ancora la Mole
Non so come, ma pure in un certo modo rincuora, consola, quella vertiginosa guglia.
A seconda dello stato d’animo di chi gli volge l’occhio, appare preghiera che si eleva diritta e rapida verso Iddio; agile svettare di speranza assurdamente pietrificata; gesto di sfida nobile e sportivo; monumento grigio a una memoria che non può morire di qualcosa che s’aveva e che è lontana, perduta forse, non so dove.
Vien di fatto di paragonarla, questa gente torinese, a una brava massaia che abbia cura della propria casa, e la mantenga in ordine, e si adoperi a ripulirla in ogni canto, e le piaccia mettere un bel mazzo di fiori in buona vista, per ornarla e abbellirla. La regolarità delle strade cittadine, il meticoloso ordine delle vetrine, il decoro dei numerosi viali alberati e la grazia civettuola dei giardini; la cura precisa con cui i monumenti e palazzi vengono conservati, suggeriscono un tal accostamento. Ed è anche così ospitale e rispettosa massaia, questo nostro popolo, che il turista che giunge a Torino, subisce l’impressione rarissima e gradita; gli sembra che la città si sia ordinata,e po’ agghindata apposta per ricevere lui.
Dalla Porta Palatina (La Porta Principalis Dextera) usciva una strada che, giungeva sino a Pavia. Nel corso dei secoli, la porta medesima subì varie trasformazioni : assunse il nome di Porta Palatii durante l’era medioevale, e servì a dimora di Duchi Longobardi; alla fine del 1600, essendosi aperta una nuova strada, la Porta Palatii fu murata. Vittorio Amedeo II la ritenne inutile progettando di farla abbattere; la sua conservazione si deve alle insistenze dell’Ingegner Antonio Bertola il quale spiegò al Duca l’interesse storico del monumento. Nella prima metà del 1700 le due torri furono adibite a carcere del Vicariato, e nel corso del 1800 servirono per ospitare le detenute. Nel suo genere, questo è indubbiamente la costruzione migliore tramandata dall’età romana
Armando Crivelli (da” più o meno d’la mia memoria”) 9 Agosto 2011