La prima constatazione è quella di constatare quanto sono nel frattempo cambiato. I ricordi sono testimoni assolutamente attendibili. Seppur latori di inverosimile, sono assegni da noi compilati e sottoscritti. La tendenza in genere è quella di monumentalizzarli, la prima tentazione è quella di edulcorali con mentalità barocca seppur taluni di essi sono poco rappresentativi di un necessario ma doveroso comportamento dovuto in quel preciso contesto .Infatti i ricordi fanno anche riaffiorare la parte più debole del nostro passato. Non solo gli errori e le tentazioni, ma anche le parti più rimarchevoli del nostro profilo etico e morale. Questo è il momento strategicamente più delicato. Mettere in circolo la forza deterrente per evitare di ricadere. E’ il momento in cui ognuno di noi si distingue dagli altri. In quale direzione sceglie di crescere. Certo accettare il ruolo propedeutico del ricordo quale elemento energetico per alimentare la nostra crescita è la soluzione quasi sacrale decisa dalla nostra intelligenza individuale. Approfittiamo del fatto che il ricordo è l’unico paradiso da cui non possiamo essere cacciati, dobbiamo saper cogliere il frutto evitando che il fiore appassisca. Quelli che non ricordano, o non vogliono ricordare il proprio passato sono probabilmente condannati a ripercorrerlo. Il ricordo non rappresenta la carità del passato, è una grandiosa eredità. Senza voler secolarizzare il passato, strutturiamolo come ponte , attraversiamolo e apriamo, forti e confortati da nuova saggezza, le porte per nuovi e ospitali lidi di vita. Morale: chi non ricorda non vive
Crivelli Armando 21 maggio2012