A volte ce la faccio, allontano il pensiero fisso, rimuovo i ricordi. Brucio l’immagine degli ultimi attimi che abbiamo vissuto assieme. Attimi che mi procurano lacerazione fisica e mentale. Parrebbe che tutto possa procedere nel canale placido della normale quotidianità. Ma la realtà cambia. Il dolore all’improvviso si risveglia e ricomincia a mordere. So per certo che a fronte di queste prime considerazioni la tua reazione sarà ovviamente piccata e dispiaciuta. Ma come faccio a sorridere al fato, solo tu hai contezza precisa che argomenta la ragione per cui sei partita così presto. Io sono qui che, pur cresciuto, mi dibatto tra pazienza e rassegnazione per tenere viva la speranza.
Se riesco a tenere a distanza il pensiero, la mia consolazione è che tengo a distanza anche me stesso dal versante critico rappresentato dalla tua partenza. Cerco sempre di godere del beneficio del tempo, cerco di allungarlo il più possibile poiché ciò potrebbe aiutarmi nell’illuminarmi e liberarmi un pochino dal morso doloroso. Mi affido alla rassegnazione, ma mi rendo conto che si tratta di una spaventosa riconciliazione con il destino che la vita impone. Quando le concediamo il tempo di agire su di noi, goccia dopo goccia è in grado di scavare anche nella pietra. Allora svolto in direzione della pazienza che dovrebbe essere l’arte dello sperare. Nulla di eclatante, la pazienza è la più eroica delle virtù perche non ha nessuna apparenza di eroicità. Una confusione di stati d’animo rendono difficile la mia vita. E quando la mia pazienza è triste, mi rendo conto come quanto essa stessa è prossima di nuovo alla rassegnazione. Un sentimento che è pari al ridicolo livello del mio coraggio. Il coraggio di uno sciocco che si lascia prendere senza proferire parola. Eppure c’è di meglio, c’è quel sentimento enucleato nella mia memoria, chi sei, cosa rappresenti, cosa potrai ancora dare e ricevere da me, mamma, Enrico e Denis. Perché non riesco a far prevalere questa parte dal totale disordine che pervade la mia mente. L’esperienza mi insegna che ciò non è possibile. Non riesco ad abdicare ne fronte alla pazienza tanto meno di fronte alla rassegnazione. La normalità qualitativa della mia vita mi costringe a fare i conti con una realtà molto più forte e determinata di me. Certo rispetto a tutto ciò non servono le parole e tanto meno i consigli generici. La qualità del pensiero è troppo vicina alla intimità del sentimento al punto di vanificare qual si voglia ragionamento. Il dato appagante lo vado a ricercare attraverso la preghiera che mi illumina e mi da sollievo e speranza. Pregare significa disporre di un amuleto contro la tristezza e lo scoraggiamento dell’anima. Ringrazio il buon Dio che mi aiuta, pur nel mio disordine mentale, e mi permette di proseguire nel cammino speranzoso del nostro prossimo incontro. In questo momento sento la mancanza delle sagge parole di Suor Gianna. Dichiarando ciò che prima smentivo significa che nel frattempo provando la necessità di pregare, ho pregato. Si è riaperta la finestra del desiderio di vivere….con la forza rinata della tua memoria. Buona notte amore mio. Il tuo Papà.