Accoglievano il clamore delle fiere,i festeggiamenti del Carnevale, ospitavano le folle in occasione della ostentazione della Sacra Sindone. All’epoca i portici non erano lastricati, spuntavano ciottoli aguzzi, che mettevano a dura prova le calzature delle dame. La sostituzione della pavimentazione cominciò nel 1830 anche per porre fine alle lamentele degli ospiti.
La fortezza dei Principi D’Acaia
Solo fortunate coincidenze hanno permesso al Castello di poter resistere nel tempo. Si pensi al pericolo che lo ha sovrastato quando le autorità francesi pensavano di trasformarlo in un campo di Marte. Volevano raderlo al suolo. In occasione di una visita di Napoleone, il Generale Menau definì il Castello”Una vecchia baracca”, Napoleone, osservata la scala dello Juvarra rispose “Sei tu una vecchia baracca”.
Per comprenderne la storia
Attorno il XIII secolo esisteva già un Castello presumibilmente era la “Casa di Forza” dove nel 1280 Guglielmo XII Marchese del Monferrato e Tommaso III di Savoia conclusero la pace che donò libertà al primo, e la consegna definitiva del Castello a Torino. Da questo momento il Vessillo dei Savoia garrisce sulla costruzione a loro assegnata nel 1295 dandola in possesso ai Principi D’Acaia. Ospitò nel 1381 l’Amedeo VI(Conte Verde) che mediò la pace tra Genova e Venezia.Ma l’attuale struttura del Castello è stata fondata dall’ultimo Acaia, Ludovico, nel 1403 che lo ampliò e consolidò. I successori intervennero realizzando le torri. Allo stesso Ludovico va il merito di aver aperto la piazza.
Il nome
Probabilmente assume la definizione di Palazzo Madama alla fine del seicento quando divenne dimora della seconda Madama Reale, Maria Giovanna Battista Nemours. Il Telluccini precisa che l’edificio” è detto per la prima volta Palazzo Madama nel registro del Mastro del Cerimoniale, Scaravello in data 1650”
Una seconda ipotesi si rifà ad un periodo antecedente: pare fosse attribuito il nome “Palazzo di nostra Signora” cambiato successivamente con “Madama” per onorare la sposa di Ludovico di Savoia, Anna di Lusignano figlia di Giano Re di Cipro. Era considerata la principessa più bella al mondo(anche la più cattiva). Ospitò nel 1400 il Sodalizio della Abazia degli Stolti che vantava privilegi della Corte consentendogli di esigere un “diritto di barriera” dalle coppie di sposi provenienti dal contado. Quando giungeva il corteo nuziale, l’abate o i monaci gli si facevano incontro e riscuotevano l’aggio. Con parte di questi fondi, invece,si finanziavano le attività legate ai fastosi divertimenti di Ludovico e della sua Corte. Nello stesso secolo è meta e’ospitalità di personaggi importanti. Vissero stabilmente Carlo I, la Duchessa del Monferrato e Carlo II dove per altro vi morì. Nel Castello alloggiò anche Carlo VIII prima di iniziare la sua campagna militare per la conquista del Regno di Napoli. Nel 1497, mediante una galleria, il Real Castello veniva messo in comunicazione con il Palazzo Vescovile.
Residenza Ducale
Dopo aver elevato a capitale definitiva Torino, Emanuele Filiberto, in attesa di trovare una sede più idonea, lo fruì per un breve periodo come residenza personale. Con Carlo Emanuele I cominciarono le grandi opere per gli allestimenti artistici facendolo definitivamente decadere come residenza militare. Il figlio della “Testa di Ferro” dedicò particolare interesse alla Galleria, facendola ornare con i ritratti degli antenati,dei santi, paesaggi e ville ducali,vedute di città conquistate. Era sicuramente una delle Gallerie più belle d’Italia.Aveva 32 finestre divise da colonne e nicchie. Nella volta erano descritte” le costellazioni e le corrispondenti storie mitologiche”. Nei muri sottostanti erano dipinti, in 32 campi, altrettanti principi sabaudi. Nelle invetriate delle finestre si rimirava tutta la cosmografia del Cosmo. Buona parte di tutto questo patrimonio iconografico è andato perduto nel tempo a causa degli incendi (1667 e 1669). Molte trasformazioni ed ampliamenti e nuove coperture le registriamo con Vittorio Amedeo I , con Madama Cristina, con Carlo Emanuele II e Madama Giovanna Battista. Tutte funzionali ai grandi eventi di Corte. L’accesso era ancora regolamentato dal ponte levatoio. Altrettanto straordinario il numero di artisti che cooperarono a rendere la rude fortezza in un palazzo sontuoso. Il Moncalvo( Guglielmo Caccia) che ridipinse la Galleria. L’Arch. Amedeo di Castellamonte, che disegnò le decorazioni carnevalesche e i soffitti. I pittori Pompeo e Francesco Bianco , il Grottapaglia,il Crosio,il Guiscardi, Antonio e Francesco Fea.
Teatro e Prigione
Alla fine del XVI secolo era diventato residenza di molti membri della famiglia e in casi eccezionali anche dei Sovrani. Venne utilizzato come Teatro di Corte. Gli spettacoli scenici venivano allestiti nel salone principale. In occasione del matrimonio tra Carlo Emanuele I e Catarina D’Austria (1585) si recitò il “Pastor Fido” del Guarini. Di li in poi una lunga serie di opere sceniche. Una presenza costante di Filippo D’Agliè, del Barone Pallavicino e del Provana. Tutto ciò nel corpo principale del Palazzo. Ma… nelle torri,come in precedenza nei sotterranei, si erano convertiti gli ambienti per fare spazio alle carceri. Penoso, doveva essere il sentire dei reclusi, nel constatare i lieti fasti che giungevano dalla vivace ed allegra vita di corte.
Episodi di guerra
Di fianco al Palazzo,si eseguivano i supplizi e le condanne capitali. Truci spettacoli che si intervallavano con le allegre celebrazioni dinastiche. Il Castello vivrà tutte le vicende legate alla contesa tra i Madamisti di Cristina contro Tommaso e Maurizio. Francesi contro spagnoli.
Filippo Juvarra
Nel 1718, la Duchessa Maria Giovanna Battista, vedova di Carlo Emanuele II fece costruire, su disegno di Filippo Juvarra, la mirabile facciata e lo scalone a ponente, addossati al muro di cinta di epoca romana. Nel periodo di reggenza, in attesa della maggiore età del figlio, Vittorio Amedeo II, fece del Castello una piccola Reggia, circondandosi di una Corte fastosa che nulla aveva a che invidiare con quella della nuora Anna di Orleans. Scrive il Telluccini che” Palazzo Madama non necessita di grandi lavori” Ma la Giovanna Battista, a sei lustri dalla cessata attività, non rinunciò a rivaleggiare con il figlio. Questi recatosi nel 1713 a Palermo per ricevere la Corona Regale, trattenendosi un anno, aveva conosciuto l’abate Arch. Filippo Juvarra e lo aveva convinto a trasferirsi con lui a Torino. N.B: era l’unico personaggio della Corte che dava del Tu al Sovrano. Committendogli tutti quegli incarichi a noi noti. Ricordiamo la Basilica di Superga, il Castello di Rivoli, la Palazzina di caccia di Stupinigi, i quartieri militari del Carmine, l’arricchimento di Palazzo Reale con la famosa “Scala a forbice”, l’ingrandimento della Venaria e della “Arancera” e la progettazione della cCappella reale di Sant Uberto. Le opere Juvarriane a Palazzo Madama dureranno circa 4 anni. Lavori concordati prevalentemente con la Duchessa madre. Non va dimenticato anche il contributo di Benedetto Alfieri. Il Palazzo cambiò temporaneamente fisionomia nel 1722 in occasione delle nozze di Carlo Emanuele III con Anna Cristina Ludovica, Principessa Palatina di Sultzbach. Vennero completati tutti gli spazi scoperti lasciati dallo Juvarra con dei marmi.
Il Senato Subalpino
Nei primi anni dell’ottocento, sotto il Governo francese, venne atterrata la galleria che metteva in comunicazione il Palazzo con la Reggia. In quegli anni Piazza Castello si chiamò : “Piazza Indipendenza”, “ dell’Unione” e “Imperiale”. Dopo il 1814 con la Restaurazione, risedettero nel Castello la Polizia e il Comando Militare. Nel 1882 venne installato l’Osservatorio Astronomico poi trasferito in collina. Nel 1832 Carlo Alberto fa raccogliere al primo piano la Pinacoteca che vi rimase sino al !864. Nel 1848 nel Salone Centrale con ingresso di fronte al balcone Juvarra, mentre il Sovrano conduceva la guerra contro l’Austria, il principe Eugenio di Savoia Carignano, luogotenente del Re, inaugurò il Parlamento Subalpino. Poi diventato il Senato Costituzionale dello Stato Sardo Piemontese, poi dell’ Italia unificata e dove si tenne l’assemblea prima del trasferimento a Roma. L’ultima seduta è del 9 dicembre 1864. L’aula era ad anfiteatro di legno (adattata su disegni dell’arch. Melano), rivestita di tela dipinta con dorature poco velate,integra sino al 1927. Fu poi sacrificata per comprensibili esigenze dei lavori di ripristino dell’edificio. In quel’aula il 29 marzo 1849, pochi giorni prima della sconfitta di Novara, Vittorio Emanuele II prestava il giuramento di fedeltà alla Costituzione. E’ una data che coincide con un suo scampato pericolo. Nel salire le scale per recarsi alla cerimonia, era attorniato da senatori e deputati, sorteggiati per l’accompagnamento, tra i quali il Menabrea. A Conclusione nello scendere la seconda rampa, d’’improvviso si staccò e cadde uno dei rosoni del soffitto che pesava parecchie decine di chili. “Non colpì il futuro Re” cosi narra il Massari “Sfiorò solo le spalline del Menabrea, spezzandogliele” Vittorio Emanuele II scampò alla morte, ma si preccupò delle condizioni dl Menabrea. Con garbo e sorriso soggiunse”ch’a j fassa non attensio^n; j na vedruma bon d’autre” ( Non ci badi ne vedremo di ben altre”).
Armando Crivelli ricerche di inediti. 17 settembre 2011.
Il testo verrà sottoposto a modifiche e perfezionamenti