Nota di Gianni Marchetto – Luglio 2011
I giovani oggi..
- Mi viene chiesto di dire la mia sui giovani di oggi. La loro condizione, i loro comportamenti.
- Sulla loro condizione e già detto e scritto di tutto e di più, ed è inutile che ci ritorni pure io.
- Mi interessa invece ragionare sui loro comportamenti. Per farlo mi viene bene parlare dei comportamenti dei giovani arabi della Tunisia, dell’Egitto e del mondo arabo in rivolta, ergo: bisognano fare come loro, imparare da loro. Avendo attenzione però ad una questione: di fronte ad un modello consolidato (la famiglia, la tribù, il capitalismo, il taylorismo, il “socialismo”, ecc.) cosa ci si può attendere dal comportamento di un individuo? Che si integri nel modello dato, considerandolo “dato in natura”, immodificabile, ovvero ribellandosi. In questa falsa alternativa ci sono cadute quasi tutte le generazioni precedenti (compresa buona parte della mia): alla fine non cambia niente. Occorre sapere dove c’è la finestra giusta! E per farlo racconto un episodio della mia gioventù.
- Era il 1962, avevo 20 anni, era il tempo del rinnovo contrattuale dei meccanici. Abitavo a Rivoli, lavoravo alla Castor di Cascine Vica (una azienda che produceva lavatrici). Giorno di sciopero, naturalmente lo facevo, anche se non mi interessava il perché, bastava ci fosse per starmene a casa. Sono quasi le 2 del pomeriggio, sono con altri miei amici al bar, passa di lì il “Biso” (fratello del (“Moro”). Era questi un mio coetaneo, lui però di famiglia da sempre comunista (lo conoscevo dal paese, Taglio Di Po, da dove arrivavamo), a differenza di me lui politicizzato, il quale ci fa: “sà, venite con me” e noi “dove?”, “a fare un po’ di casino” risponde lui. E noi immediatamente tutti con lui sul filobus che ci porta in quel di Cascine Vica, smontiamo, e a piedi andiamo nella zona industriale e ci fermiamo vicino ad una fonderia (da sempre piena di crumiri) e vediamo che lui raccoglie da terra dei sassi (e noi con lui) e facciamo per lanciarli verso delle vetrate che davano sulla strada, al che… sentiamo un grido alle nostre spalle “uelà bruta banda, banda d’piciu, co’ feve lì” (brutta banda, banda di coglioni, cosa fate lì) era Pinot Piovano, ex partigiano, licenziato dal Cotonificio Valle Susa, ora funzionario della CGIL (mi aveva iscritto l’anno prima alla CGIL), il quale proseguì tutto in torinese “se avete intenzione di tirare i sassi, almeno tirateli nelle vetrate giuste, piciu, non vedete che quelle lì sono quelle degli spogliatoi degli operai, banda d’piciù” e se ne andò cristonando.
- Da quel giorno ho imparato a scegliere sempre la finestra o la vetrata giusta. Ora, è di questi ultimi tempi, io so che la scelta della vetrata è divenuta complicata, però non serve semplificare il tutto, diventa tropo comodo.
- La mia generazione, almeno una fetta, era particolarmente “cattiva”. Portava con sé i ricordi, magari dei padri, delle lotte contadine: bruciare o dare l’assalto al municipio, ecc. e individuava nel regime da caserma della fabbriche della fine degli anni’ 60, primi anni ’70, i vecchi latifondisti e con il magro salario non riusciva mai ad agguantare i prodotti che giornalmente vedeva nelle vetrine dell’UPIM o della Standa, e si incazzò di brutto.
- Era, a differenza dell’attuale generazione anche molto meno scolarizzata, chi partecipava alle lotte diventava un settario, disprezzava il crumiro e via andando. Una parte poi, sbagliando clamorosamente, divenne così settaria che perse ogni pazienza non solo con i tecnici e gli impiegati, ma anche con i lavoratori più moderati (si pensi alla Mirafiori dove tra gli operai per tutti gli anni ’70, il secondo partito fu sempre la DC), un po’ arrogante e prepotente. Una parte lottava molto, però studiava poco, e fu parte della causa di perdita delle alleanze all’interno del mondo del lavoro.
- L’attuale generazione ha dalla sua oltre che una più alta scolarità, anche un certo disincanto, è meno ideologizzata, meno settaria e un eccetera lusinghiero, però… non ha un briciolo di cattiveria, ovvero la cattiveria la sfoga nello sport (sono tutti ultras), o nell’ambito scolastico attraverso il “bullismo” e, mi pare, che di fronte ai soprusi che riceve accampa sempre dei: però… ma sai.., ecc.
- Miei cari, è la situazione, è la fase (direbbe Altan con l’ombrello in quel posto) che ci deve far diventare un po’ cattivi. O no? In caso contrario gireremo (girerete) sempre con l’ombrello infilato.
- Io così la penso: “la stragrande maggioranza del padronato italiano, sente solo una pedagogia sociale fatta di un corteo, con il capo del personale in testa con un bandiera rossa in mano e.. una volta ogni tanto un calcio nel sedere”. Io vorrei che il conflitto avesse una veste un po’ più matura, civile (sono sempre stato un moderato e un timorato del buon dio) – però per volerla bisogna essere come minimo in due.
- E qui ritorna allora il protagonismo di questa nuova generazione che deve diventare un po’ (mica tanto) più cattiva, ovviamente con chi se lo merita, individuando le vetrate giuste: prima di tutto i padroni del vapore.