Ricordo una strana chiacchierata, penso risalga a circa 15 anni orsono. Classica situazione conviviale, nella nostra casa di campagna, a Canale d’alba nelle Langhe. Per l’occasione avevo assunto la posizione dell’uditore, per scaramanzia ma anche perché rasentavo i limiti della “summia” avendo dato sfogo al piacere di bere il nostro nebbiolo. Sosteneva un prolisso commensale a cui il nettare procurava una cineticità verbale impressionante: una vedova fin quando osserva le regole del lutto, si tiene appartata e cerca di vivere ai margini della normale interazione sociale; non fa e non riceve visite in modo preventivato se pur trattasi di parenti e intimi amici.
Un vedovo si consente una maggiore libertà d’azione; ma sarà tuttavia tanto più apprezzato, quanto più la saggezza del suo criterio e i sentimenti del suo cuore gli imporranno la maggiore possibile riservatezza durante il periodo luttuoso. I vedovi dovranno sempre astenersi verso chicchessia dallo sparlare irriverentemente del coniuge defunto . Se pur questi, durante la sua vita coniugale, non sempre seppe meritare la stima e l’affetto della famiglia, un’anima nobile e generosa deve pur sempre cedere e inchinarsi dinanzi alla maestà della morte, già che al limitare di una tomba ogni rancore deve cessare ed essere dimenticato, per lasciare soltanto luogo al ricordo delle sue migliori azioni. Ove una vedova intenda rimaritarsi, dovrà lasciare trascorrere almeno un anno di lutto, ed evitare, nel giorno delle nuove nozze, qualsiasi pompa che la metta in eccessiva evidenza di fronte al mondo. Analogamente deve intendersi per un vedovo che intenda passare a seconde nozze. Quando nel conversare con persone amiche sarà necessario nominare il proprio coniuge estinto, tanto un vedovo come una vedova passati con altri a seconde nozze, non dovranno più dire rispettivamente: – mia moglie – mio marito -: ma dovranno menzionarli con il loro nome. Quando una vedova con figli si rimarita, conserverà sul proprio biglietto da visita il cognome del primo marito, facendolo seguire, se crede, da quello del nuovo consorte. Sarà questa una sorta di riguardo che ella dimostrerà ai propri figli, ai quali non darà l’impressione di voler dimenticare il cognome del loro genitore. I vedovi passati a seconde nozze debbono assumere verso i figli del nuovo coniuge tutti i doveri, ed usare loro tutte le premure come se i figli fossero suoi. Un vedovo che abbia figli non donerà mai alla seconda moglie le gioie ereditate da quella deceduta. Ma ancor prima delle nuove nozze le distribuirà ai propri figli, quale ricordo sacro della loro madre. Quand’egli invece non avesse prole, potrà offrirle alla nuova consorte, pur che debitamente smontate e trasformate in altro gioiello. Il vedovo o la vedova che ad ogni screzio famigliare rievochino con eccessivo rimpianto le buone qualità e le singolari virtù del coniuge estinto , rivelandosi indelicato verso il coniuge presente, con giustificato risentimento autorizza quest’ultimo ad osservare che era meglio se non si fosse giunti alla nuova unione. E così via ……tanto è che non ho più seguito la discussione poiché mi sono addormentato.