Il caratteristico sprone delle Prealpi dovette emergere dal ghiacciaio immenso delle età preistoriche, ma presto il culto pagano pose un’edicola ai numi sulla rupe asprissima che sbarra il passaggio della Val di Susa e la pietà cristiana vi sostituì un primitivo oratorio a San Michele.
La delizia del monumento mi trascina su un impervio linguaggio ascetico. Rimetto gli scarponi e torno invece sull’impervio sentiero che mi conduce in cima. Ricordo comunque come importante fu il periodo medievale il culto per questo Santo cavalleresco, assertore di giustizia e trionfatore delle diaboliche insidie del diavolo. I Longobardi e i Normanni lo ebbero quale patrono. Eruditi di ogni tempo ne hanno intrecciato storia e leggenda. Togliendo la polvere nell’archivio delle notizie si scoprono i
personaggi che ne hanno segnato la storia. L’Arcivescovo di Ravenna che scelse la vita monastica e solitaria sul monte laterale di Celle. E’ il Santo istitutore della piccola cappelletta dove ebbero luogo miracoli e prodigi. Ugo Marino di Montboissier, nobile d’Alvernia che tornando penitente d Roma fece erigere un Monastero. Fu inoltre il committente per la costruzione del nucleo dell’abbazia detta delle “Chiuse”.
Avverti, primo abate che completa la triade degli illustri fondatori e che con lui la famiglia benedettina che formò il nucleo fondamentale del successivo focolare della Sacra. Inoltre numerosi monaci si resero celebri per studi e virtù. La tradizione narra che alla morte di molti abati si trovavano i messali aperti non già alla pagina dei morti, ma per prodigio a quello dei Santi perché erano già canonizzati in cielo. Innumerevoli Papi, Santi e Principi salirono alla Sacra. Nell’età feudale, piegando il Barbarossa, crebbero insidiosi privilegi, i frati , avvezzati al lusso e alla vita di corte trascurarono il monastero, che si mutò in un castello fortificato, con menestrelli e uomini d’arme. Il chiostro fu saccheggiato ed incendiato dalle compagnie di ventura. Nel secolo XIV iniziò una vera decadenza, interrotta dall’Amedeo VI ottenendo anche pingue vantaggio. Ma la
definitiva rovina la si ebbe nel seicento sino a quando Alfredo d’Andrade fermò il declino decretandone la rinascita.
L’ARTE
Nonostante vari tentativi tra il x e xiv secolo il sovrapporsi di stili diversi – dal romanico al gotico – fecero emergere risultati che resero bizzarra la struttura.
Il tutto mascherato da una mole sospesa sull’abisso, di aerea leggerezza e insieme di grave ed infinita imponenza. Dalla”Porta di Ferro” attraverso le tre linee di fortificazione e le opere di difesa si giunge alla gradinata esterna; alla grandiosità che esalta segue nell’interno la misteriosa oscurità che opprime. Per gli scaloni vertiginosi si accede alla chiesa altissima, sboccando sulle logge supreme che incoronano l’abside. L’arte medievale sfoggia caratteristiche particolari, una architettura ardita, nei freschi, nelle sculture decorative dove si sfoggiano forme con caratteristiche molto strane.
Nel corso di un ipotetico sopralluogo si percorre con profonda ammirazione la enorme, tetra scala, i lunghi corridoi silenti, si visita la cripta gelida, la mirabile porta dello “Zodiaco”, le torri, i ruderi. Ogni cosa ci riporta a quell’epoca monastica. Un’epoca splendente quella della “Civitas Pirghirinalla” dove la Sacra accoglieva oltre 300 monaci esercitando ampia sovranità su 140 borghi, terre e castelli. La Sacra attraversò un periodo di crisi con l’Abate Pietro di Fongereto che si circondò di una Corte rumorosa di scudieri, sgherri e falconieri. Con la soppressione dell’ordine,fino all’arrivo dei Rosminiani non si ebbero segnali di ripresa. Bisognava restituire al monumento le primitive forme per consegnarla al futuro.
TRADIZIONI E LEGGENDE
Grazie al Monaco Guglielmo fiorirono molte leggende, ci informa che nella notte del 29 settembre, durante la festa di San Michele, una stella torna a splendere sulla Sacra.
Secondo un antico racconto la vittoria di Costantino alle porte di Torino fu preceduta dall’apparizione di San Michele Arcangelo sul Monte Pirchiriano. Tale era la volontà divina.
Durante la visita del Vescovo Amisone di Torino, dopo aver trascorso una notte nella sottostante Avigliana, salendo in vetta trovò Angeli vestiti da operai, lumi accesi, pavimento cosparso di cenere, pareti con croci unte di olio, l’altare grondante di balsamo di grandissima fragranza. Si manifestava il fatto che la Cappella era stata consacrata da mani celesti. Ne dissertarono il D’Azeglio, Cesare Balbo, il Calandra, il Mario Leoni e molti altri novellieri.
I SEPOLCRI DEI SAVOIA
La Sacra è popolata dai resti di noti e di oscuri, di illustri e di dimenticati.
Già all’ingresso sono tumolati personaggi vari. Tutto si evidenzia man mano che si sale lo scalone dei morti. In un sepolcro è seppellito l’abate Guglielmo di Savoia, è seppellito Tommaso I, Aleggia inoltre, in un luogo di augusta solennità la cripta dove stanno le tombe reali “Ossa Principum Sabaudiae”. Principi e principesse, dal Cardinal Maurizio a Carlo Emanuele II da Margherita di Francia, consorte di Emanuele Filiberto e quelle dell’altro Emanuele Filiberto detto il muto. Fu Vittorio Emanuele II che fece costruire questo sepolcro in ottemperanza della volontà di Carlo Alberto. Da Altacomba al Panteon, da Superga, alla Sacra si ricollegano in una corona ideale le memorie di una dinastia.
COME SI RAGGIUNGEVA LA SACRA
Arrivare in cima è sempre stato il principale tra i problemi.
Una via era quella dei “Principis” che era una rapida mulattiera. Da Giaveno a Valgioie da Avigliana a borgata San Francesco. Questi luoghi erano frequentati da moltissime famiglie che giungevano da tutte le parti. Regnava la felicità, il diporto e il pic nic. Non mancavano gli alpinisti “d’la cadrega” muniti di elmetto, di occhiali o magari di Alpenstoc e di corde. Oppure muli sellati per l’andata e slitte per il ritorno trainate da robusti contadini. A Sant’Ambrogio gli escursionisti ammiravano le torri della cinta medievale e il vetusto campanile romanico, dopo aver rasentato il castello Abbaziale diroccato ne XIV secolo dai mercenari inglesi. I più gaudenti si inerpicano sul sentiero di San Pietro che consente di arrivare al sepolcro in pochi minuti e sorprendentemente appaiono gli effetti dell’arditissima mole della Sacra irregolarmente piantata nella roccia. Così bella, fantastica, imponente nel suo insieme da strappare anche agli indifferenti un grido di ammirazione. La Sacra è dunque una vedetta prealpina di primo ordine. I bagliori d’entusiasmo ne illuminano l’origine e sulla mole superba sembrerà scintillare più viva che mai la fiamma dell’Arcangelo.
Armando Crivelli 31 marzo 2014