Sin dall’ antichità, il rapporto tra uomo e cavallo ha conservato un ruolo preminente nel sostenere le attività del Cavaliere. Un ruolo che cominciò ad incrinarsi con l’avvento della carrozza. Il cavallo diventa un elemento utile al traino sottraendosi in parte alla originale funzione di trasporto dell’uomo. Da documenti di archivio i primi cocchi vennero costruiti nella seconda metà del secolo XV nella città ungherese di Kotze diffondendosi rapidamente in diversi Paesi europei Italia, Germania e in Francia In Italia il cocchio fu introdotto dal Cardinal Ippolito d’Este, Arcivescovo della città di Esztergom (Ungheria) che tornando nella natia Ferrara venne con al seguito alcune “Caretere organesche” dette “cozo” o“coze”.
Ciò contribuì alla loro definitiva diffusione. In particolare si distinsero i primi “Mastri costruttori” di Ferrara e Modena. Vennero coinvolti per numerose committenze da varie parti d’Italia. Gli acquirenti erano nobili che in questo modo oltre a badare alla comodità erano anche interessati a correre al passo di un nuovo modo di affermarsi. Tale modo però venne osteggiato da altri nobili di spada e dai cavalieri tradizionali che sostenevano che l’uso della carrozza avrebbe indebolito la loro virilità guerresca. I primi modelli ungheresi erano nientemeno che un carro scoperto con un cassone sospeso a quattro supporti ad archi metallici fissati all ’esterno e lateralmente sui perni delle ruote. Da qui in poi crescono a dismisura le modifiche tese ad arricchire il cocchio. Ci informa delle migliorie il maestro Gozzardini. Una novità sostanziale introdotta dai mastri carradori italiani con l’adozione dello sterzo che si presenta come un sistema in cui la rotazione viene distribuita su segmenti circolari, solidi e scorrevoli per un arco di circa 30°. Ulteriori miglioramenti avvengono nel ‘600 rispetto le impalcature della cassa che viene strutturata con l’utilizzo di ossature in legno al posto del cuoio migliorandole portiere e i finestrini. Sempre nel ‘600 comincia a prendere quota anche la carrozza da parata, in particolare la “Berlina” su ideazione del piemonte se Filippo Chiese. Altro ideatore di berlina fu il francese Roubo, intagliatore e ebanista di fama che portò le migliorie ai massimi livelli. La berlina tedesca ed inglese si distinguevano per le dimensioni. Infatti venne adottato il sistema delle quattro porte Utilizzate sempre dai nobili per passeggiate e gite in campagna. Nel settecento la Berlina diventa definitivamente carrozza di gala e si cominciano a presentare in forme bombate, dipinta di colori che a volte riprendevano quelli degli stemmi gentilizi di famiglia. Gli studi si approfondiscono per ampliare il sistema dello sterzo La serpa inoltre viene posta in alto, all’ altezza del tetto, in modo che il cocchiere abbia una larga visuale sul dorso del cavallo.La tappezzeria interna è sempre è sempre realizzata in seta o in velluto di cotone, spesso rosso cremisi o blu. Durante i viaggi , data la mancanza di spazi per i bagagli, la berlina era preceduta da uno staffiere e era scortato da altre cavalcature per il trasporto di materiali. Nell’ ottocento alla berlina furono preferiti altri modelli come il Landau o lo Stage. Come sottolineato erano state emanate dai Sovrani numerose restrizioni sull’ uso del cocchio all’ongaresca”.Infatti veniva imposto che l’utilizzo riguardava solo le mogli poiché consideravano il mezzo un pericolo teso ad infiaccare le virtù virili e guerresche dei nobili, abituati da sempre a cavalcare. A Parigi ad esempio nel 1540 esistevano solo tre cocchi. Uno per la Regina Caterina de Medici, uno per la potente Diana de Poitiers e uno per Giovanni Laval. Un’altra famosa donna si servì della carrozza fu Margherita d’Austria moglie di Ottavio Farnese in occasione delle nozze del figlio Alessandro con Maria di Portogallo. Era una carrozza sontuosa e meravigliosa impreziosita da materiali e ornamenti unici. Nel secolo XVI circolavano in Italia numerosi cocchi; 60 a Ferrara,30 a Bologna, 54 Mantova, 100 a Torino. A Piacenza i cocchi erano 70 ed erano riservati alle nobildonne, i cavalieri andavano a cavallo. Cominciavano a diffondersi le botteghe specializzate: “ il Cimenta” che lavorava per il Duca di Mantova con il ruolodi “Mastro di caroce di Piacenza” Sempre nel piacentino venne realizzato sotto la direzione di “ Masto Angeli Caccialupi Piacentino” una memorabile carrozza a8 posti per le nozze di Edoardo Farnese e margherita de Medici nel 1629 (dueanni di lavoro, 50.000 scudi d’oro) Per tutto il ‘600 salvo le modifiche venne utilizzato il metodo costruttivo originale del periodo. Molta attenzione veniva prestata all’ allevamento dei cavalli adatti al tiro.. I Farnese, in particolare Ranuccio II nel 1685 aveva aperto una grande scuderia a Piacenza che serviva alla Fiera dei Cavalli, dove si comperavano e vendevano animali di razza pura e alta qualità.VIAGGI E POSTE: Nella seconda metà del XVI secolo cominciavano a diffondersi manualetti pratici di formato tascabile per il viaggiatore comune. Tra questi il più stampato è l’itinerario delle poste per le diverse aree europee. Manualetti molto precisi che indicavano gli itinerari dotati di fermata posta, o delle fiere più importanti, le distanze che venivano fornite in miglia e leghe.Venivano indicati i luoghi di pernottamento, i luoghi in cui venivano accuditi cavalli e i muli. Erano regolamenti molto rigidi. La durata del viaggio veniva calcolata in numero di poste, la cui distanza intermedia era solitamente di 8-10 miglia. Il il transito delle vetture veniva percorso in 1-2 ore, lo stesso transito veniva annunciato in città e fuori con il suono di un corno da parte del conducente. Tale segnale era precluso a tutte le altre vetture. Altra notizia curiosa che nel 1559 ribadiva” che tutti i cavalli, o carrozze delle poste che capiteranno a Piacenza siano obbligati andare alla posta e ne possino li viandanti, che vi saranno sopra pigliare cavalli e carrozze di altri”.Normative che verranno riviste in relazione all’ aumento dei viaggiatori e In rapporto alla gestione dei plichi postali e il controllo nei confronti di coloro che detenevano cavalli da vettura. Tali controlli erano nelle mani dei Mastri Carradori. Nel 1767 fu istituita la figura specifica di “Intendente Generale delle Poste” tanto della posta tanto dei cavalli, con l’incarico di verificare l’efficienza del servizio, gestire il sistema di monopolio, l’obbligatorietà del servizio di osteria, il diritto di precedenza assicurata alle sue vetture su tutte le strade e su tutte le altre carrozze. Il settecento rappresentò il secolo in cui si distinsero gli uomini di prestigio e cultura. Erano viaggiatori accaniti per percorrere tragitti che attraversassero città celebrate consentendo loro il vanto di averle conosciute. La carrozza moderna nel ‘700: Il cocchio diventa una vera e propria carrozza irrigidendo la cassa e trasformandola in un abitacolo chiuso , con portiere e finestrini apribili, decisive migliorie furono apportate in relazione alla resistenza e stabilità. Anche sulle molle vennero adottate soluzioni che miglioravano il sistema delle sospensioni. Tra il 1830 e il 1850, le carrozze moderne si diffusero tra gli strati della borghesia,diventa definitivamente un mezzo per il trasporto pubblico di grande importanza commerciale. Si diffonde anche il Landau ( in francese Landò) cioè la berlina convertibile con la capote e i mantici apribili, dovunque nei boulevard e nei parchi si incrociavano centinaia di carrozze scoperte a due o quattro posti. Da ricordare la VI a Vis, il massimo per le passeggiate e la conversazione. Infine spuntano i Gig, inglesi , erano carrozze a due ruote guidate direttamente dal proprietario. In ultimo l’Hanson- Cab a due posti con cassetta di guida posteriore rialzata sulla cassa, velocissimo e maneggevole che si diffonderà nelle metropoli.